L’ultima carta: ricerca.

La parola “ultima” è sempre un po’ forte ma in realtà è così: mancava solo l’Otto di Coppe per completare il mazzo. E stasera l’ho pescato, lo prendo come un augurio. Sì, perché nulla finisce, tutto va e si trasforma. Finita un’avventura si va in cerca, nuovamente, della coppa che manca nella fila superiore, si parte per una nuova esplorazione. La particolarità del cielo e il desiderio che spinge a muoversi rendono tutta l’atmosfera magica e sacra. L’ eclissi occhieggia da lassù, la luna e il sole sono uniti in un abbraccio notturno, e tutto è oscuro, misterioso, fatale. Una nuova fase è alle porte, ho preso il bastone della ricerca e ho stretto i lacci delle scarpe, sono pronta. Ricomincio a guardare dentro e fuori per trovare nuove ispirazioni, nuove idee da condividere. Sarà una bella sfida creare nuovi incantesimi guardando il modo con gli occhi della meraviglia.


Fedele mio tavolo di scrittura!

Grazie per questo, che il tronco

avendomi dato per diventare – tavolo

sei tuttavia rimasto – vivo tronco!

Con il giovane gioco del fogliame

sul sopracciglio, con la viva corteccia,

con le lacrime di resina viva

con radici sino in fondo alla terra!

Marina I. Cvetaeva – Poesie (17 luglio 1933)

Pubblicità

Una giornata interlocutoria

Oggi me ne sono stata lì, calma, serena e in pace, ad aspettare gli eventi, che, peraltro, non sono arrivati. Nel senso che è stata una giornata tranquilla, anche allegra, senza troppi scossoni. Come in questo Quattro di Coppe, però, c’è attesa. Alcune cose sono finite, è chiaro. Ma stanno lasciando spazio a un nuovo che non è ancora arrivato. Quindi la serenità di oggi era all’erta, attenta ai segnali che stanno manifestandosi in abbondanza. Le coincidenze sono numerosissime. Per esempio ieri pensavo a un progetto e oggi mi è arrivata un’email dell’associazione alla quale volevo proporre la cosa. Oppure penso a una persona e la incontro. Ognuna di queste situazioni mi sta raccontando una strada, che intravedo solamente, non è chiara. Ma il percorso è diverso dal solito, è fuori dalla mia comfort zone. Mi eccita e mi spaventa. Vado avanti.

“Il metodo indiziario si configura allora come un problema di carattere filosofico. Le tracce trovano sistemazione in una trama più vasta, dove il dettaglio conquista il suo spazio di senso. La pratica indiziaria non significa, dunque, rinunciare alla totalità, a un suo logos, ma guadagnare una nuova e altra visione del mondo storico. Lo slancio intuitivo ci permette di abbandonarci alla fitta trama, alla sottile tessitura degli indizi, ma per poter poi tornare sani e salvi, vincenti, dalle nostre avventure intellettuali, dopo aver catturato la preda, tanto a lungo e conastuta pazienza inseguita, prima di farla cadere in trappola”.

Marco Bertozzi – Il detective melancolico e altri saggi filosofici

Mi riposo, guardo dentro.

Potrebbe sembrare che questo uomo, coperto col mantello nero della solitudine, pianga il liquido versato dalle tre coppe. Potrebbe inoltre venire alla mente che l’individuo di cui sopra sia preda dei sensi di colpa, per aver rovesciato i contenitori, disperdendo il prezioso contenuto. Guardando da un altro punto di vista, questo Cinque di Coppe mi fa venire in mente la consapevolezza, senza speranza né aspettative, del punto in cui ci si trova. E’ vero, la maggior parte del patrimonio se ne è andato, ma rimangono due coppe, piene e pronte a ricominciare. Mi sento proprio così,oggi è stata una giornata introspettiva, in cui ho fatto i conti con alcune cose perdute. Allora non mi resta che rimanere in compagnia della tristezza che accompagna ogni fine, guardando il fiume che continua a scorrere. Fino a che sono su questo pianeta troverò risorse per ricominciare. Non ho altro da fare, d’altronde.

“Oh, non che andasse poi tutto così male… Perché Dio non ti sbatte mai una porta in faccia senza prima averti aperto almeno una scatola di biscotti; all’ombra nefasta di quel dolore è successo anche qualcosa di bello. Tanto per fare un esempio, mi sono messa finalmente a studiare l’italiano. E poi mi sono trovata una guru indiana. Poi sono stata invitata da un vecchio sciamano a vivere con lui in Indonesia”.

Elizabeth Gilbert – Mangia,prega, ama.

Grazia

Ecco le Tre Grazie: Aglaia, Eufrosine e Talia. Lo splendore, la letizia, la prosperità. Chi ha disegnato questo Tre di Coppe ha voluto rappresentarlo così, con tre giovani donne che danzano giocando leggere con le coppe che hanno in mano. Sono la rappresentazione della grazia, al femminile. Oggi sento che c’è bisogno di questa sensazione di bellezza leggera, di purezza e di gioia. Mi ricordano che la vita è un bellissimo dono, e che mi basta guardare con lo sguardo giusto per vedere i miracoli che sperimento ogni giorno. Per quanto mi riguarda, la luce che splende dentro in questi giorni è oscurata. Sento lo stesso una gran gioia per il semplice fatto di essere al mondo, ma sto bene attenta a non darlo a vedere. C’è chi potrebbe non capire. Ma il grande regalo di oggi è comprendere che non c’è più quella tipa paurosa, timorosa di essere se stessa, dentro di me. C’è anzi una nuova, coraggiosa e aggraziata femmina che guarda al mondo con dolcezza e determinazione.

“Adesso mettiti dritta, cammina con scioltezza ed eleganza anche se ti porti addosso il peso di una tonnellata. Pensa soprattutto che sei una donna bella, forte, potente e che non conosci la stanchezza. Ripetiti nella mente: Sono bella, sono preziosa, sono una persona importante”. “Ma questo sarebbe vanagloriarmi e gonfiare il mio ego” replicò Lara. “E’ meglio questo che avere un ego abbattuto. Tu cerca di darti valore,sentiti una donna importante, per quello che sei. Se non sei importante di fronte a te stessa, non sperare nemmeno di esserlo per gli altri”.

Hernàn Huarache Mamani– La donna dalla coda d’argento

Alla sorgente

Finalmente mi sono tuffata in profondità, e, guarda un po’, ho trovato questo Asso di Coppe, la sorgente dell’amore. Ci son stati ostacoli da superare, ma è stato molto interessante. Prima di tutto i pensieri che mi accompagnano da una vita, giudizi su di me, vergogna, senso di inadeguatezza. Per la prima volta ho guardato negli occhi questi miei compagni “guastatori”, senza credere a una parola di quello che mi stavano dicendo. Ho capito che la superficialità arriva quando non ho voglia di affrontare quello strato di crudeltà verso me stessa che conosco così bene. E’ doloroso. Poi ho compreso che quei pensieri cattivi erano un escamotage della mente per distogliermi dalla bellezza e dall’amore. Allora ho alzato la testa, ho fissato lo sguardo sui mostri, e se ne sono andati. Mi è rimasto fra le mani e negli occhi quel senso di tenerezza che sto scoprendo negli ultimi giorni; mi ero dimenticata quale balsamo per l’anima possa essere guardare al mondo con il cuore.

11. TTAI – LA PACE 

sopra Kkunn, il Ricettivo, la Terra

sotto Kkienn, il Creativo, il Cielo

Il ricettivo, il cui moto cala verso il basso, si trova sopra; il creativo, il cui moto ascende verso l’alto, si trova sotto. Le loro influenze quindi s’incontrano, e stanno in armonia, così che tutti gli esseri fioriscono e prosperano. Il segno è coordinato al primo mese (febbraio-marzo), nel quale le forze della natura preparano la novella primavera. 

LA SENTENZA

La pace. Il piccolo se ne va, il grande se ne viene.
Salute! 
Riuscita!

L ‘IMMAGINE 

Cielo e terra si congiungono:
L ‘immagine della pace. 
Così il sovrano divide e compie
Il corso di cielo e terra, 
Amministra ed ordina i doni di cielo e terra,
E così assiste il popolo. 

I-King

Gentile e inaspettato

Con tutta la tua innocenza e semplicità arrivi davanti a i miei occhi, Fante di Coppe. In mano hai il simbolo delle emozioni, e la tua coppa è talmente piena d’acqua che perfino un pesciolino può sguazzarci allegramente. Non mi offri solo l’emozione, mi offri anche la vita che può viverci dentro. Che bella immagine, questa Carta di Corte mi regala una luce. In questo tempo caotico, dove non c’è speranza ma ci sono tante aspettative, incontro spesso persone, per lo più giovani, che hanno questa energia. Semplicità e curiosità per il cambiamento che il mondo sta attraversando. Nessuno sa dove andremo a finire, ma c’è tanta innocenza e tanta voglia di vivere. I ragazzi e le ragazze non c’entrano nulla con il mondo che abbiamo costruito noi, e lo sanno bene. Stanno cercando di fare il loro, e io faccio il tifo.

Girai la testa. Stavo disteso sulla terra morbida, in una cavità tra i cespugli di ginestra. Erano carichi di fiori dorati, dal profumo dolce, fiamme chiamate alla vita dalla primavera. Accanto a me stava inginocchiato un ragazzo. Aveva forse dodici anni, sporco, con i capelli arruffati e vestito di ruvida stoffa marrone; il suo mantello, fatto di pelli grossolanamente cucite assieme, era strappato in più punti. In mano teneva un bastone. Indipendentemente dal suo odore, era facile intuirne il mestiere perché lì attorno c’era il suo gregge di capre che brucava tra le ginestre i giovani germogli verdi. Quando mi mossi, saltò subito in piedi e indietreggiò un poco scrutandomi, tra diffidente e speranzoso, attraverso lo sporco groviglio del suo ciuffo di capelli. Dunque, non mi aveva ancora derubato. Studiai il pesante bastone che aveva in mano chiedendomi stancamente, nell’intontimento del dolore, se sarei riuscito a difendermi da quel ragazzino. Ma pareva che le sue speranze puntassero solo su una ricompensa. Indicava qualcosa che non potevo vedere, oltre i cespugli. “Ho preso il vostro cavallo. E’ legato laggiù. Vi credevo morto”.

Mary Stewart – Le grotte nelle montagne

Una casa felice

Ho dato un soprannome a questa carta: la casa del Mulino Bianco. Tutti felici, tutti in armonia. I bimbi giocano insieme, mentre i genitori, abbracciati, guardano un arcobaleno di coppe nel cielo. Un momento bellissimo, in cui ci sarebbe da scoppiare di gioia. La dura realtà, invece, è che gli elettrodomestici della mia casa, che ho acquistato sei anni fa, sono oramai fuori garanzia e cominciano a rompersi. La giornata è stata quindi stressante e forse questo Dieci di Coppe rappresenta il mio sogno odierno. Un turbinio di lavatrici, frigoriferi, caldaie e piatti doccia mi sta travolgendo e fatico a mantenere la calma. Bene, tutto sta uscendo dal mio controllo, non posso fare le cose programmate perché devo occuparmi della base, della sopravvivenza. Ho capito, vita, ogni volta che come Pindaro faccio un volo, ci pensi tu a riportarmi coi piedi per terra. Poi, siccome domani viene il tecnico a riparare la lavatrice, magari dopo sarò felice come in un Dieci di Coppe!

 Il vino eleva l’anima e i pensieri, e le inquietudini si allontanano dal cuore dell’

uomo.

Pindaro (518 a.C. circa – 438 a.C. circa)

Ma cosa porti, bel Cavaliere?

Proprio ieri dicevo che sto guardando negli occhi i miei bisogni e i miei desideri. E oggi arriva il Cavaliere di Coppe. Qualcuno mi porterà qualcosa di bello, e ci spero tanto. Oggi, a dir la verità, mi è arrivato un invito inaspettato, e ho gioito molto nell’accettarlo, così, su due piedi. Questo personaggio mi dice di regali, mi racconta una storia di riconoscimenti. Ecco l’aspettativa in agguato, dietro le belle parole. Ebbene sì, cari vecchi schemi (non bisogna avere aspettative!), care idee un po’ demodé indiscutibili per una femminista del ’77, care protezioni che mi sono costruita intorno per non essere disillusa: ho un sacco di aspettative, spero molto nel mio futuro, per quanto corto, lungo, piccolo o grande sia. Quindi Cavaliere di Coppe sbrigati ad arrivare, la vita è breve. Stasera sono golosa di riconoscimenti, avida di corteggiatori, bramosa di celebrità.

Questa corona del ridente, questa corona tutta di rose: io mi posi sul capo questa corona, io santificai la mia risata. Nessun altro trovai oggiabbastanza forte per questo. Zarathustra il danzatore, Zarathustra il leggero, che fa cenni con le ali, pronto al volo, uno che fa cenni a tutti gli uccelli, disposto e pronto, beato di essere così leggero. Zarathustra che predice il vero, Zarathustra che ride il vero, non un impaziente, non un incondizionato, ma uno che ama salti e scarti; io mi posi sul capo questa corona.

Friedrich Wilhelm Nietzsche – Così parlò Zarathustra

Spirito nomade

Sei di coppe

Mi sono accorta che la ricerca non è finita. L’amore per l’avventura è ben rappresentato da questo Sei di Coppe, dove un pellegrino, durante una eclissi di luna, si incammina alla ricerca di qualcosa che gli manca, quella coppa che non c’è. Il mondo fuori è grande, ed è grande anche il mondo dentro.

Sento il bisogno di silenzio, di esplorazioni con tanto tempo e tanto spazio davanti a me. C’è un posto vuoto, assomiglia a un vortice in cui voglio gettarmi e aspettare che sia la corrente a farmi risalire. Ora è la mia anima che deve decidere se fare un salto nel buio oppure trattenersi. Non valgono le analisi psicologiche o filosofiche, è questione di verità profonda. Lo spirito nomade, ancora una volta, prende il sopravvento.

L’impossibilità è la porta verso il sovrannaturale. Si può soltanto bussare, a quella porta. Chi apre è un altro.

Simone Weil – L’ombra e la grazia

Le acque si sono calmate

Come sempre, dopo la tempesta le acque si calmano. Questo Quattro di Coppe mi suggerisce di stare tranquilla, di stare a vedere cosa succede. Una carta di attesa, insomma, di non azione verso l’esterno. Aspetterò fiduciosa che si manifesti un segno del prossimo passo da intraprendere, e nel frattempo rimango serena e faccio ciò che devo e che posso al meglio delle mie possibilità. Quindi, ancora una volta, la situazione non è nel mio controllo. Sto aspettando che si manifesti qualcosa, anche se non so bene cosa (se lo sapessi la mia abilità manipolatoria sarebbe già in funzione). Rimango con i sensi all’erta e lo spirito in pace, senza aspettative. Al mio ritorno dal Osho Festival di Bellaria continuerò la narrazione

La Sibilla Cumana

Ho veduto virgulti

spegnersi a un sommo d’intima dolcezza

quasi per ridondanza di messaggi

e disciogliersi labbra

a lungo stemperate dalla voce,

nell’urlo, quasi, della propria vita;

vuota di sè ho scrutata la pupilla,

impoverito il trepido magnete

che attirava in delirio le figure.

Così, sopra una forma già distesa

nel certo abbraccio dell’intuizione,

crolla la lenta pausa finale

che intossica di morte l’avventura.

Alda Merini – 24 novembre 1951