La bilancia e la spada

Una giornata interlocutoria, in cui ho avuto modo di trascorrere momenti piacevoli, sentire il corpo stanco e dargli il giusto riposo. Con serenità, con tranquillità. La Giustizia oggi è per me l’assestamento, il rendere fondamentale nelle mie azioni quello che nei giorni scorsi ho compreso. La carta n. XI rappresenta la virtù del giusto posto nel mondo, delle scelte consapevoli, del prendersi il proprio tempo prima di dire sì o no. Vuol dire rispetto del mio sentire, vuol dire amare gli altri ma non aver bisogno della loro approvazione a tutti i costi. Guardo con benevolenza, soppeso e, se necessario, con grande gentilezza me ne vado. Ho bisogno di essere felice, vado in quella direzione, perlomeno. Mi è chiaro che non ho più tempo da perdere in quisquilie.

L’espansione della coscienza che voi avete realizzato, o piuttosto avete tentato di realizzare, nella seconda metà degli anni Sessanta era basata sull’individuo, e per questo è stata un fallimento totale. Se si cerca di espandere la coscienza senza cambiare la qualità e la quantità degli individui, ciò che si trova alla fine del percorso è necessariamente la delusione. Quando parlo di mediocrità, intendo proprio questo. Ma lasciamo perdere, inutile sprecare fiato aa spiegarle cose che non può comprendere. Nè io ho la pretesa di essere capito. Mi sto solo sforzando di parlarle sinceramente“.

Murakami Haruki – Nel segno della pecora
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Ritroviamo il giusto posto

Guardo le relazioni intrecciate, i vecchi schemi che ritornano, tutta la baraonda di sensazioni, emozioni, delusioni, illusioni, entusiasmi che essere al mondo porta con sè. E infatti ecco la carta n. XI, La GIustizia, che stasera mi viene incontro. C’è tanta confusione, nell’ambiente in cui mi muovo, tanti eventi e problemi e poche soluzioni. Ora è il momento di sedermi e guardare dove voglio stare, di non seguire più l’emozione del momento, ma di fermarmi a osservare tutto il turbino che c’è intorno, senza avere fretta, senza rispondere. Ho sufficiente dignità per prendermi il mio tempo, per non sentire la pressione dei bisogni altrui sulle mie spalle. Anzi, finalmente mi concederò il lusso di impugnare la spada, e, dopo aver soppesato le richieste e i discorsi, li peserò sulla bilancia del mio cuore. Se ne varrà la pena, allora darò seguito all’impulso iniziale, e se non sarà ciò che desidero davvero, taglierò ogni legame.

La Borea e il Favonio

Una volta alla Borea venne voglia di prender marito. Andò dal Favonio egli disse:- Don Favonio, vuoi essere il mio sposo? – Il Favonio era un tipo attaccato ai quattrini e le donne non gli andavano a genio. Così, senza tanti complimenti, le disse: – No, Donna Borea, perché non hai neanche un soldo di dote.- La Borea, punta sul vivo, si mise a soffiare con tutte le sue forze, senza fermarsi un minuto, cl rischio di farsi scoppiare i polmoni. Soffiò per tre giorni e tre notti di seguito, e per tre giorni e tre notti nevicò fitto fitto: tutta la campagna, i monti e i villaggi si coprirono di neve. Quando la Borea ebbe finito di stendere il suo argento intorno, disse al Favonio: – Eccoti la mia dote, tu che dicevi che non ne ho! Ti basta? – e andò a riposarsi della fatica di quei tre giorni passati a soffiare. Il Favonio non si fece né in qua né in là. Scrollò le spalle, e si mise a soffiare lui. Soffiò per tre giorni e tre notti, e per tre giorni e tre notti la campagna, i monti e i villaggi restarono sotto un fiato caldo che sciolse fin l’ultimo fiocco di neve. La Borea , dopo che si fu riposata per bene, si svegliò, e vide che della sua dote non restava più nulla. Corse dal Favonio:- Dov’èandata tutta la tua dote, Donna Borea? – la canzonò il Favonio. – allora, mi vuoi ancora per marito? La Borea gli voltò le spalle: – No, Don Favonio,non vorrei mai essere la tua sposa, perché in un giorno sei capace di mandarmi in fumo tutta la dote.

Italo Calvino – Fiabe Italiane

Equanimità

La Giustizia

Prendere la giusta distanza, prima di giudicare le cose, è un’ottima idea. Oggi ho perseverato nell’intento di stare con me stessa. Pur avendo incontrato un sacco di persone ero sempre rivolta verso “il dentro”, ho ricevuto la grazia di non essere costretta a sbilanciarmi, a esprimermi troppo. Non mi sono trattenuta dal dire quello che pensavo, sia chiaro, ma non ci sono state occasioni in cui ho dovuto prendere posizione. E questa è stata una benedizione, perché il desiderio che mi ha guidato è stato quello dell’equanimità, del volgere lo sguardo che valuta me stessa e gli altri con serenità, senza aver bisogno di difendere un’idea. Grazie a questa carta, La Giustizia, la carta n. XI del mazzo Rider Waite (il mazzo di tarocchi utilizzato in questo blog è stato ideato da Sir Arthur Edward Waite e disegnato da Pamela Colman Smith). L’ideatore del mazzo Rider Waite spostò la numerazione, e questa carta, che di solito è la n. VIII, diventò la XI. Grazie Giustizia, grazie della giusta considerazione di me che mi regali. Nè troppo, nè troppo poco.

La pulsione e il desiderio spesso non ci fanno chiaramente distinguere tra ciò che ci piace e ciò che ci giova. Per questo, come avevano magnificamente compreso gli antichi, bisogna trovare a ogni momento la misura, la proporzione. Cosa non facile, dal momento che la nostra coscienza è tenuta in scacco sia dall’interno sia dall’esterno: da come siamo fatti e da ciò che ci muove e dall’ambiente che ci condiziona.Viviamo, perciò, in stato di costante perturbazione. Ma questo non è affatto un male. Al contrario,come già sapeva bene Platone, la vita è tale perché è movimento.

Salvatore Natoli – Il buon uso del mondo