Oro

Non c’è che dire, in questi giorni sto pescando Assi, che sono il principio naturale di ogni elemento. Oggi arriva l’Asso di Denari, oro puro. Mi dice che sto distillando, come un’alchimista o come una strega, l’elemento prezioso dalla realtà. Mi piace, sto camminando nella giusta direzione; anzi, il giardino che fa da sfondo a questa manona che mi offre la moneta, per meglio dire il Pentacolo, è un giardino curato, con sentieri puliti e archi formati da rampicanti messi lì, in ordine, da una mano umana. La bellezza che scaturisce dalla fatica è ancora più godibile, e ogni giorno il giardino va pulito delle foglie che cadono e la siepe pareggiata, per avere questo spettacolo di ordine e serenità. Sono ormai tre volte che vedo, la mattina, il guizzo turchese del martin pescatore che mi saluta, mentre vado al lavoro e passo, con la bicicletta, vicino a un canale. Lui è lì, come l’Asso di Pentacoli di questa sera, a mostrarmi che il cambiamento si può fare e che non c’è da aver paura.

Sii oceanica! Non pensare mai di perdere, in nessun caso. Niente è perduto – nulla può essere perduto. E tu non sei un individuo; appari come un individuo. Tutto è unito a te, sei semplicemente un lato di tutto, un modo in cui il tutto è accaduto. Non essere preoccupata. Non finirà mai. Questa esistenza è senza inizio e senza fine. Gioisci, celebra, sii attiva,sii sempre una che dà. Dona così totalmente da non pensare mai di trattenere qualcosa, è questa l’unica preghiera reale. Dare è pregare. Dare è amare. E coloro che possono dare ricevono sempre di più di quello che hanno dato.

Osho – My way, the way of the white clouds (trad. Archan Paola Migliori)

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Rendere conto

Ci sono momenti in cui è necessario rendere conto. Del proprio fare, delle posizioni che si prendono nelle vicissitudini sociali, nel rapporto con gli altri, nei confronti del proprio passato. Oggi, in effetti, questo Tre di Denari ci sta proprio bene. E’ stata una giornata di resoconti, di improvvisi lampi di comprensione del perché il presente è così, per me. Il passato chiama, vuole che mi spieghi. Il mio vivere attuale esige delle giustificazioni sul mio comportamento. E’ inutile lottare contro questa realtà, vivo in un contesto fatto di tante persone, e ognuna di loro ha sentito una vibrazione partire da me, alcuni l’hanno trovata piacevole, altri meno. Ecco, vorrei vivere in un eremo, dimenticarmi del mondo. L’inferno sono gli altri, dice J.P. Sartre, e secondo me ha ragione, almeno guardando il mondo con gli occhi di adesso. Chissà se cambierà questa sensazione di solitudine e di dovere; credo di no. Mi sa che continuerò a vedere il mondo con gli occhi della Legge Morale e a cercare qualcuno che mi perdoni e che guardi il cielo insieme a me.

L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo.

Immanuel Kant – Che cos’è l’illuminismo?

Conservare l’energia

In questi ultimi giorni mi torna alla mente una frase che mi fu rivolta, tanti anni fa, dalla mia tutor alla Osho Mistery School, dove avevo intrapreso un percorso di crescita. Ero molto emozionata di questa nuova fase della mia vita, e con lei parlavo molto, ero molto eccitata. A un certo punto mi disse: “Ecco, vedi dove disperdi l’energia? Con tutte queste parole non hai nemmeno il tempo di sentire cosa vuoi veramente dire”. Non so che senso avesse per lei dirmi queste cose, ma per me ascoltarle ne ha avuto molto. Questo Quattro di Denari oggi mi ricorda quel momento, e mi aiuta a non sprecare parole, ma ad ascoltare in silenzio. Il momento è prezioso, e non mi sembra che condividere, in questa fase, per me significhi parlare con le persone. Sento invece che aprire uno spazio di silenzio aiuta il cuore a fiorire, e a fiorire insieme. Si è aperto uno scorcio per un nuovo punto di vista, e non me lo lascerò scappare.

Trenta raggi convergono sul mozzo, ma è il foro centrale che rende utile la ruota. Plasmiamo la creta per formare un recipiente, ma è il vuoto centrale che rende utile un recipiente. Ritagliamo porte e finestre nella pareti di una stanza: sono queste aperture che rendono utile una stanza. Perciò il pieno ha una sua funzione, ma l’utilità essenziale appartiene al vuoto.

Lao Tzu

Ah, grazie!

Non ho aspettative, tutto quello che arriva è un dono. Questo Sei di Denari questa sera ci voleva proprio. Non è il momento di pretendere (ma quando mai arriva quel momento?) è il momento di ringraziare. Come fa il mendicante vero, quello che, alla fine, è un imperatore. Sta seduto nel suo cantuccio ed è grato per ogni cosa che l’altro condivide con lui. Ecco la giusta via, la luce della gratitudine. I mendicanti chiedono, in questo Sei di Denari, e anche questo è un insegnamento, per me. Non sono abituata a domandare aiuto, piuttosto a cavarmela da sola, e non mi piace avere debiti di riconoscenza. Sarebbe un bel passo avanti riconoscere che invece ho desiderio di essere accudita e accompagnata, e forse ne ho anche bisogno. Tutto senza aspettative però. Un bel problema. Non so se ci capirò mai niente, nell’accettare il proprio bisogno e allo stesso tempo non aspettarsi niente.

“Direi che in un bel canto si concentra e condensa sempre un’esperienza, un sentimento, un agglomerato esplosivo di energie e di animo commosso; e con un canto di questo genere una donna, se sappia avvalersi di tutte le circostanze favorevoli e ascenda una scala di coincidenze numerose e singolari può, come stella nel cielo dell’arte canora, commuovere molti spiriti, guadagnare grandi ricchezze, trascinare un pubblico a tempestose ed entusiastiche manifestazioni di plauso e cattivarsi l’amore e la sincera ammirazione di re e regine”. Con serietà stupita la giovanetta ascoltò le mie parole; in verità io le pronunziai più per mio piacere che non aspettandomi da lei quell’apprezzamento e quella comprensione per i quali le mancava la necessaria maturità.

Robert Walser – La passeggiata

Ho trovato un tesoro!

E’ estate, e la mia vita scorre, mi scuso con le mie lettrici e i miei lettori se qualche giorno non mi trova pronta a scrivere novità. Nel frattempo, come dicevo, la vita va avanti e ieri sera mi è capitato di andare al cinema. Il film si chiamava Momenti di trascurabile felicità, tratto da un libro di Francesco Piccolo. Ecco, a quella visione vorrei dedicare questa bellissima Regina di Denari, che, come me, ha trovato un tesoro. Sono stata colpita da una consapevolezza forte, dopo il film. Ci sono amori che ci sembrano scontati, ci sono attimi di condivisione e di piacere nello stare insieme agli altri ai quali non diamo il valore reale. Non importa cercare quello che non c’è, la cosa importante è fare con quello che si ha, e farlo al meglio. Sì perché questa è la nostra vita, e ogni attimo perso nell’inconsapevolezza è perduto per sempre. Qui, ora, felice di esserci e felice di fare con quello che c’è.

Lui si accese di colpo. Era il suo dono, il suo difetto, il suo destino. “Amato” ripetè,”vedo bene che fu così”. I loro occhi si incontrarono;o piuttosto si scontrarono, perché ognuno avvertì dietro gli occhi dell’altro che l’essere segregato che aspettava nell’oscurità, mentre il suo agile compagno superficiale sbraitava e si agitava e teneva la scena, si era levato improvvisamente; aveva gettato il mantello e sfidava l’altro. Era allarmante, era terribile. Erano vecchi e bruniti fino a una levigatezza traslucida, tanto che Roderick Serle poteva andare a una dozzina di feste a stagione, forse, senza provare niente di particolare, o solo rimpianti sentimentali, e il desiderio di belle immagini, come quella del ciliegio in fiore. E tutto il tempo ristagnava in lui, apatica, una sorta di superiorità rispetto ai suoi interlocutori, un senso di risorse non sfruttate, che lo rimandavano a casa insoddisfatto della vita, di se stesso, sbadigliante, vuoto, capriccioso. Ma adesso ecco, del tutto improvvisamente, come una bianca folgore nella nebbia (ma quest’immagine si forgiò e si mostrò con l’inevitabilità di un lampo), ecco era successo; la vecchia estasi della vita; il suo assalto invincibile; perché era sgradevole, e nello stesso tempo rallegrava e ringiovaniva e riempiva le vene e i nervi di fili di ghiaccio e di fuoco; ed era spaventosa.

Virginia Woolf – Uniti e divisi

Con calma, partendo da me.

Riprendo il filo del discorso, dopo l’agitazione dei giorni scorsi. Il Fante di Denari riflette, questa sera, un pensiero che mi è venuto alla mente poco fa: se mi trovo a disagio è perché ho fatto in modo che si costruisse la struttura che ora mi fa sentire in gabbia. Qual è stato il programma che ho innescato per trovarmi dove sono? Alla fine riflettere su ciò che è successo è sempre l’unica via di scampo. Ho trovato molti avvenimenti ripetitivi, anche nel passato, che assomigliano a questo momento. Ho capito che voglio sempre far tutti felici, e io poi a me ci penserò. La novità di questi giorni è che ho compreso che per trovare la soluzione alle difficoltà di relazione mi adeguo alla personalità più aggressiva che individuo nell’ambiente in cui mi trovo. Ahah!!!! ti ho beccato, paradigma obsoleto e pernicioso.

Prendete coscienza di voi stessi. Osservatevi. E’ per questo che prima ho detto che l’autosservazione è una cosa tanto straordinaria e meravigliosa. Dopo un po’ non è necessario alcuno sforzo, perché man mano che le illusioni si sbriciolano si iniziano a conoscere delle cose che non possono essere descritte. Si chiama felicità. Tutto cambia, e ci si abbandona alla consapevolezza.

Antony De Mello -Messaggio per un’aquila che si crede un pollo

Forza,dai che ce la fai!

Un cinque stasera, e non un cinque qualsiasi, ma il Cinque di Denari. I Cinque, negli arcani minori, indicano sempre un momento di crisi, anche se passeggera. In questo caso, i due mendicanti, con i piedi oramai nudi nella neve, affaticati, di cui uno ha stampelle e la testa fasciata, e l’altra tenta di coprirsi con uno scialletto, nonostante il freddo, sono arrivati al Tempio. Dentro ci sono bevande calde, cibo caldo, un lettuccio pronto. Tanta fatica sta per vedere la sua fine, e finalmente ci sarà ristoro. Sarà vero anche per me? Mi piace questa carta, mi ricorda che tante situazioni sospese stanno per avere una nuova collocazione, sta per cominciare un momento nuovo, e questa volta al caldo, con un bel tè bollente e una coperta buona. Ci si abitua alla fatica, dopo un po’ non ci si accorge più di farla. Ma quando si trova rifugio, allora sì.

Viaggiare a piedi è cosa da fare da soli, almeno una volta nella vita. Un’avventura che ti cambia per sempre. Non serve andare in pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Basta molto meno. Ovviamente i sedentari vi diranno di non farlo. Voi ignorateli: non serve un gran fisico,e i pericoli sono inferiori a quelli di un viaggio in automobile. Il difficile è aprire la porta di casa e uscire. E’ superare la vischiosità delle abitudini e i dubbi che accompagnano ogni partenza. Una volta fuori, il più è fatto. Poi inizia la metamorfosi.

Paolo Rumiz

Anima nera

Il mondo luccica, e la mia anima è nera. Con questo Dieci di Denari i Tarocchi stasera mi annunciano un mondo di pace e di abbondanza. Non è un mondo a venire, se apro gli occhi vedo tutto, ogni denaro è un regalo, piccolo o grande, di cui posso godere. Lo so, ho faticato per trovare questa serenità, ma c’è voluto anche un pizzico di fortuna, l’ho avuto e va tutto bene. L’anima però, a volte, è nera. Nera di velluto, copre ogni sentimento di gratitudine con l’oscurità densa del tessuto pregiato. Allora il nonno che gioca con i cani e il bimbo vicino alla mamma che a sua volta parla con il suo compagno sono una bella narrazione, ma non ci credo. Passerà, passa tutto, so solo che stasera una coperta di velluto nero copre il sole.

Considerare ogni peccato commesso come un dono di Dio. Che la essenziale imperfezione, dissimulata nel profondo di me stessa, si sia in parte manifestata ai miei occhi quel tal giorno, quella tale ora, in quella tale circostanza, è un dono. Desidero, supplico che la mia imperfezione si manifesti intera al mio sguardo, quanto la vista umana ne è capace. Non perché guarisca, ma perché, anche se dovesse guarire, io fossi nella verità.

Simone Weil – L’ombra e la grazia

Il cerchio si chiude

Sono stati giorni intensi, anche faticosi e ansiosi. Quando c’è la salute in ballo, magari di una persona cara, nulla è trascurabile, tutto diventa grande, ci si preoccupa, ci si occupa, si va avanti e indietro, ci si volta a destra e a sinistra, si guarda in su e in giù. Poi, quando la burrasca passa, ecco che appare il Dieci di Denari. Un cerchio si è chiuso, ho dato amore e ne ho ricevuto, sono stata vicina al mio cuore e tutto questo mi ha dato doni inaspettati. Alla fine è proprio vero che ogni giorno è un’avventura, con il cuore aperto si scoprono nuovi sentimenti, nuovi spazi in cui giocare liberamente. Allora grazie, un’altra volta, anche se è stata dura, anche se c’è sonno, bisogno di riposo, dopo una lunga cavalcata nel deserto dello spavento. Un ciclo è finito, ma è finito bene. Credo che sia la gratitudine a far diventare questo Dieci un Dieci di Denari e non un Dieci di Spade. Sto scoprendo che ogni occasione è buona per essere grati.

Può esserci al mondo qualcosa di più sciocco, dico io, dei ragionamenti di coloro che si dichiarano previdenti? Sono indaffarati più degli altri e per poter vivere meglio si preparano la vita futura sacrificando quella presente. Fanno piani a lungo termine. Ma il modo migliore di sprecare la vita è quello di rinviarne il godimento: è questo continuo rimandare che ci brucia i giorni uno dopo l’altro, che ci sottrae il presente con la promessa del futuro. Il maggior ostacolo della vita è l’attesa: fa dipendere tutto dal domani e intanto sciupa l’oggi. Tu vorreti organizzare quanto è nelle mani del destino e ti lasci sfuggire ciò che è già nelle tue. A quale scopo? A cosa vorresti arrivare? Tutto quanto deve ancora venire è incerto: vivi il tuo presente.

Lucio Anneo Seneca – La brevità della vita.

Elemosinare

Oggi è stata una giornata tumultuosa, di quelle che non sai se finirai a vegliare una moribonda oppure a far la spesa. Per fortuna ho fatto la spesa. Nella mia ricerca sull’amore, però, ho avuto tutto l’agio di indagare la natura dei miei rapporti con la mia famiglia. Questo Sei di Denari mi rammenta lo schema che ripeto: anche se non ce n’è alcun bisogno, mi ritrovo a elemosinare attenzione. La realtà è completamente diversa, sono un pilastro e ben riconosciuta, all’interno del nucleo famigliare, molto apprezzata e anche amata. E allora perché? Cosa mi spinge a ripetere questo paradigma? Capisco che ogni volta che la situazione mi rende fragile, perché ho paura, perché il pericolo c’è davvero, cedo al vecchio schema e ritorno, come una bimba che ha bisogno di punti di riferimento antichi e sicuri, a sentirmi un’esclusa. La sindrome della Piccola Fiammiferaia mi serve, da qualche parte, e devo scoprire qul è la sua utilità. Probabilmente ci sono altri cento diversi modi per ottenere l’amore che desidero senza elemosinare.

Era l’ultimo giorno dell’anno: faceva molto freddo e cominciava a nevicare. Una povera bambina camminava per la strada con la testa e i piedi nudi. Quando era uscita di casa, aveva ai piedi le pantofole che, però, non aveva potuto tenere per molto tempo, essendo troppo grandi per lei e già troppo usate dalla madre negli anni precedenti. Le pantofole erano così sformate che la bambina le aveva perse attraversando di corsa una strada: una era caduta in un canaletto di scolo dell’acqua, l’altra era stata portata via da un monello. La bambina camminava con i piedi lividi dal freddo. Teneva nel suo vecchio grembiule un gran numero di fiammiferi che non era riuscita a vendere a nessuno perché le strade erano deserte. Per la piccola venditrice era stata una brutta giornata e le sue tasche erano vuote. La bambina aveva molta fame e molto freddo. Sui suoi lunghi capelli biondi cadevano i fiocchi di neve mentre tutte le finestre erano illuminate e i profumi degli arrosti si diffondevano nella strada; era l’ultimo giorno dell’anno e lei non pensava ad altro! Si sedette in un angolo, fra due case. Il freddo l’assaliva sempre più. Non osava ritornarsene a casa senza un soldo, perché il padre l’avrebbe picchiata. Per riscaldarsi le dita congelate, prese un fiammifero dalla scatola e crac! Lo strofinò contro il muro. Si accese una fiamma calda e brillante. Si accese una luce bizzarra, alla bambina sembrò di vedere una stufa di rame luccicante nella quale bruciavano alcuni ceppi. Avvicinò i suoi piedini al fuoco… ma la fiamma si spense e la stufa scomparve. La bambina accese un secondo fiammifero: questa volta la luce fu così intensa che poté immaginare nella casa vicina una tavola ricoperta da una bianca tovaglia sulla quale erano sistemati piatti deliziosi, decorati graziosamente. Un’oca arrosto le strizzò l’occhio e subito si diresse verso di lei. La bambina le tese le mani… ma la visione scomparve quando si spense il fiammifero. Giunse così la notte. “Ancora uno!” disse la bambina. Crac! Appena acceso, s’immaginò di essere vicina ad un albero di Natale. Era ancora più bello di quello che aveva visto l’anno prima nella vetrina di un negozio. Mille candeline brillavano sui suoi rami, illuminando giocattoli meravigliosi. Volle afferrarli… il fiammifero si spense… le fiammelle sembrarono salire in cielo… ma in realtà erano le stelle. Una di loro cadde, tracciando una lunga scia nella notte. La bambina pensò allora alla nonna, che amava tanto, ma che era morta. La vecchia nonna le aveva detto spesso: Quando cade una stella, c’ è un’anima che sale in cielo”. La bambina prese un’altro fiammifero e lo strofinò sul muro: nella luce le sembrò di vedere la nonna con un lungo grembiule sulla gonna e uno scialle frangiato sulle spalle. Le sorrise con dolcezza.

– Nonna! – gridò la bambina tendendole le braccia, – portami con te! So che quando il fiammifero si spegnerà anche tu sparirai come la stufa di rame, l’oca arrostita e il bell’albero di Natale.

La bambina allora accese rapidamente i fiammiferi di un’altra scatoletta, uno dopo l’altro, perché voleva continuare a vedere la nonna. I fiammiferi diffusero una luce più intensa di quella del giorno:

“Vieni!” disse la nonna, prendendo la bambina fra le braccia e volarono via insieme nel gran bagliore. Erano così leggere che arrivarono velocemente in Paradiso; là dove non fa freddo e non si soffre la fame! Al mattino del primo giorno dell’anno nuovo, i primi passanti scoprirono il corpicino senza vita della bambina. Pensarono che la piccola avesse voluto riscaldarsi con la debole fiamma dei fiammiferi le cui scatole erano per terra. Non potevano sapere che la nonna era venuta a cercarla per portarla in cielo con lei. Nessuno di loro era degno di conoscere un simile segreto!

  
H. C. Andersen La piccola fiammiferaia